Non dare ancor tumulazione onesta! Ov'è l'uso più sacro delle genti Di dar pia sepoltura ai corpi spenti? Pur notizia vi da la Propaganda Che, sebbene i carnivori Mendani E i Sumatresi dell'Incolta landa Divorino i lor vecchi come cani, Non danno agli avi lor tumulto e fossa. Pur vi lasciai nel testamento mio Patrie notizie, ed ottimi consigli: Perchè tanta bontà porre in oblio E portarvi con me da ingrati figli? Soffrir questo rimproccio a voi bisogna, O togliere di là ella vergogna. Avete fatte tante cose belle (E queste le rimiro volentieri): Banda, strade selciate, ampie murelle, Che salvan dalle balze i passeggeri: E un' altra cosa ho con piacere intesa, Che far volete una vistosa chiesa. Ma ditemi; cos' è quel vaticano, Che s' erge al terminar di via Ia Rosa? Un teatro: - Un teatro! Ah Buti insano! Ov'è la prisca austerità gloriosa? Spender così gran somma in sì gran male! Perchè non far piuttosto uno spedale? Il teatro è Ia scuola dell'errore, Che insegna a passeggiar Ie vie più storte; Insegna alle donzelle a far 1'amore Alle spose a tradire il lor consorte; Se va al teatro una bigotta, alfine, In quattro giorni diverrà una Frine. |
Perchè colà la melodia dei canti, La sinfonia dei seducenti suoni, Le danze delle femine eleganti, Le poetiche smorfie e gl' istrioni Ammolliscono il cuor di tal maniera, Che s' è di pietra, diverrà di cera. Cosa vi dirò poi dei rei palchetti, Ove 1'amasio con 1' altrui consorte Tiran la tenda, e solitarii e stretti.... Forse colà si parlerà di morte? Ah! se in palco si finge amor sincero, Nei palchetti talor si fa davvero.
Bella semplicità degna di lode Risalita tu sei fra i prischi padri, Quando le figlie, senza tante mode Obbedivano al fren di caste madri: Oggi al teatro van girandolone Come tante volpacce di Sansone. Cosa volete far di quel teatro? Forse impararvi qualche buon mestiero? Piantar le viti, maneggiar 1'aratro, Potar gli ulivi e concimar davvero? V'insegnerà la ciurma del Pelliccia (2) Cose, che a dirle il pelo mi s'arriccia. Altro non resta che pregare il cielo Chè nell'estate, e quando men s'aspetta, Una nube piovosa e tutta zelo, Partorisca dal seno una saetta; Che, senza fare a voi spavento o guerra, Quel tempio di Beliàl stritoli a terra". |
lA GIOVENTU'
O mia canuta, ottuagenaria età! Salve, sorella: benedetta tu! Svanito è il fumo della gioventù; Vecchio, arri là
La fanciullezza piena di timore, Di bubbo, di mammona, di tregenda Fa che talvolta con periglio ascenda Il sangue al cuore.
La giovinezza la veduta sposta,.. viene adescata da desir tiranno: Ambisce il dolce, ma risente danno Che poi gli costa.
Qual fanciullin che a vaga rosa ln seno Suggere il miele vede ape dorata, L'afferra incauto e per la man piegata, Piange e vien meno.
Or che son vecchio, ho contemplato assai, Scorse tutte le età debili e forti, Amo Ia quiete e non desio le corti. Qual Berzelclai, |
Quando 1'ospite suo real salmista L'invitò seco a passar li anni avanti, Rispose che per lui suoni nè canti Facean più vista. Amor di comparir più non m'investe A norma di francese figurino, Ma saio rustical da contadino Bramo per veste. Non mi tormenta più desio dell'oro, Che dovrei rilasciare in testamento, ma di bere un caffè sol mi contento Per mio ristoro. Onde tranquillo in quest'età mi godo Pace e riposo in salutar vecchiezza, E le scabrose vie di giovinezza Sdegno e non lodo. Solo mi duol che in gioventù perdei La stola pueril dell'innocenza Che mi ha lasciata amara penitenza Dei falli miei. Deh perché all'uomo trapassar non lice Pria la canuta età che la fiorita, Che allor la mia carriéra avrei compita Con più saviezza! |
L' OMBRA DEL LECCIO ritorna a vedere la Patria 1' anno 1843.
Dai Campi Elisi taciturni e muti Del Leccio ritornò 1'ombra vagante A riveder 1'efifeminato Buti, Non più di senno e sobrietade amante: Fremè di sdegno, e bestemmiò più volte Nel mirar 1'ossa sue nude, insepolte(1). E disse "Ah figli ingrati! Io non credei Trovar barbarie in voi simile a questa: al tenue resto degli avanzi miei |