La storia di Buti in ottave
Musa discendi dal Parnaso monte Dove il canto melodico risuona Porgimi un sorso d'acqua di quel fonte Che benefico sgorga in Elicona Rivolgi verso me la bella fronte Inghirlandata dell'aurea corona Voglio cantare se mi porgi aita La storia del mio Buti e la sua vita.
Il suo nome deriva da Bucita Che significa pascolo di bovi Perché quand'era la vallea lambita Dal lago Sesto, ch'ora più non trovi, di selve di castagni era gremita e di pastori mèta di ritrovi che portavano al pascolo gli armenti su clivi ameni e colline ridenti.
Poi l'ulivo in alcuni appezzamenti del valligiano fece un contadino che, con intelligenza e accorgimenti, otteneva un prodotto sopraffino. Ancor oggi parlare ovunque senti di quest'olio soave, genuino e la sua qualità tant'è apprezzata che da ogni parte viene ricercata.
A color che abitavan la vallata davan l'acque del rio l'ispirazione e perché forza tal fosse sfruttata fecer frantoi e mulini a profusione quindi per arricchire la borgata d'imballaggi nascea la produzione e in questi rami anch'oggi si lavora.
Il villeggiante che vi fa dimora trova un borgo tranquillo ed accogliente vede che ognun sereno qui lavora, e de' frantoi lo scricchiolare sente il rio che scorre brontolando ancora e l'allegro cantar della sua gente or. se Clio mi sostiene la memoria di tal borgo narra vorrei la storia.
Inizio da quei tempi di baldoria fra pisani, lucchesi e fiorentini, e dipendea da perdita o vittoria
l'esser de guelfi oppur de ghibellini. Allora Buti s'ebbe molta gloria difendendo di Pisa quei confini e perciò molto in pregio lo tenea il comandante la città d'Alfea.
Fra i più forti castel che possedea la repubblica nostra marinara, in prima lista v'era la vallea ad ogni contendente tanto cara perché d'otto castelli si congea con gente d'intelletto e forza rara che a Buti grandi onori seppe dare nella vita civile e militare.
Sui castelli mi voglio soffermare che difesero Buti ed i suoi figli da quel di Nocco voglio cominciare ch'ebbe nome da tal Nocco Bonfigli, sul Termine fu fatto edificare per proteggere il borgo dai perigli che potevan venir dalla pianura per la strada indifesa e malsicura.
Una chiesetta posta sull'altura nella quale s'onorava San Michele porta sul frontespizio una scrittura (ora nascosta dalle ragnatele) dice che proteggea l'agricoltura la figlia di Saturno e di Cibele, Cerere protrettrice delle messi che s'adorava in quei luoghi stessi.
Conobbe le sconfitte ed i successi che le sorti non furon sempre uguali ma i castellani fieri ed indefessi ebbero spesso glorie trionfali. Un castello che non fece progressi fu quel denominato di Roccali ridotto ad un ammasso di rovine dalle truppe lucchesi e fiorentine.
Un altro baluardo di confine Sant'Agata chiamato in monte d'oro fra l'ubertosità delle colline lottò contro i nemici con decoro purtroppo fece miserevol fine distrutto dalla furia di costoro e si trovano ancor fra le sue mura pezzi di ferro, d'arme e d'armatura.
Un castello di fama duratura è quello che Tonini vien chiamato, per un secolo visse di paura sotto un tiranno barbaro e spietato. Dai fiorentin ch'avean la dittatura fu più volte distrutto e saccheggiato, con ciò non rinnegò la sua bandiera la sua gente fu oppressa, ma guerriera.
Mentre che s'addensava tal bufera facendosi la lotta più cruenta l'epidemia scoppiava di colera nell'anno milleseicentotrenta. Di Firenze la gente tanto altera si ritirò in Castel tutta sgomenta ed il passar di tale inconveniente il castellan pagava caramente.
Cessato tal flagello finalmente riconoscente il castellano elesse con pensiero devoto e riverente patron San Rocco perché lo protesse. Sorse una chiesa allor subitamente per poter celebrare Vespri e Messe fra le mura e le torri ben merlate ancor superbe sebben diroccate.
Ebbe pur delle storiche giornate il castello chiamato di Farneta che nell'urto di lotte sfortunate fu distrutto dall'a fino zeta. N'apprfittaron l'orde scellerate vedendolo sbandato e senza meta fecer dei difensori grande scempio ed incendiaron di San Pietro il Tempio.
Un preciso dovere adesso adempio cantando del castel di Panicale che agli altri spesso diè fulgido esempio sventolando il labaro trionfale vinse il nemico più malvagio ed empio pugnando con tenacia senza uguale e coi beni razziati per vendetta, all'Ascension sorgea una chiesetta.
E' presso il Mantovan la zona detta Campaccio, pei guerrieri scellerati che un tempo dominando quella vetta in detto campo stavano attendati, quivi una chiesa in grand'onor fu eretta
a Cristofano e Iacopo beati, e testimonian di talune imprese monete del ducato milanese.
Ed un altro castel d'aspre contese fu San Cassian, che per tiranni felli tre secoli, tre lustri e qualche mese dopo il mille, cessò i suoi giorni belli incendiato da un barbaro lucchese, da Castracani degli Antelminelli; e dal giorno nel quale venne arso ebbe mutato il nome in Castellarso.
Altro nobile sangue venne sparso fra i castagni, l'ulivi e l'avellana da un castel che d'onori fu cosparso e risale ad origine romana. Cintoia, un guerrier così m’è parso, armato di balestra e durlindana del lago Sesto sull'etrusca via pronto a sbarrare il passo a chicchessia.
I figli d'Auricaulo detter via nel settecentottanta questa corte assegnandola in dote a una badia che presso ad Uliveto avea le porte, ma il padre sconfessò la regalia e nell'approssimarsi della morte lungamente su questo meditava e agli Upezzinghi alfine la lasciava.
Mentre la signoria spadroneggiava nel millecentotrentotto la valle, l'imperator Corrado l'occupava e alla chiesa di Pisa concedea il diritto di Placito che dava autorità su ciò che succedea, ed a Buti uno stemma di decoro l'aquila coronata in campo d'oro.
l'imperator Corrado l'occupava e alla chiesa di Pisa concedea il diritto di Placito che dava autorità su ciò che succedea, ed a Buti uno stemma di decoro l'aquila coronata in campo d'oro.
Negli artigli ha l'emblema del lavoro un ramo di castagno ed un d'ulivo, le materie che dan vita e ristoro
a questo borgo di pianura privo, il decreto imperial verso costoro confermò Barbarossa sano e vivo e fu della medesima opinione nel milleduecento il quarto Ottone.
Per soddisfar l'orgoglio di fazione gli Upezzinghi ricorsero a Ugolino e avutone l'appoggio e protezione governarono ancor sul popolino, riottennero l'antica concessione per ordine del primo cittadino che di Pisa il governo allor teneva e un giudice notaro qui metteva.
Quando l'anno di grazia ricorreva del milleduecento ottantasei fra guelfi e ghibellini s'accendeva furiosa lotta pei castelli alfei, Buti, cui ciaschedun molto teneva, fu vittima d'inganni molto rei mentre il Visconti, per accordi presi, otteneva l'aiuto dei lucchesi.
Ed i nostri castel tanto contesi, da quel pisan che li bramava tanto furon vinti, distrutti e vilipesi e n'ebbe il difensor dolori e pianto, quindi a compenso dei servigi resi un castello di Buti gloria e vanto, voglio dire Castelvecchio a Lucca dava per l'aiuto che questa gli prestava. |
L'anno seguente ancor lo conquistava il ghibellino Della Gherardesca ma mentre che in Alfea si rinforzava facea il Visconti con Firenze tresca, dopo un altr'anno ancor lo rioccupava e perché non servisse più da esca lui con un ordinanza infida e ria vuol che Buti al suol distrutto sia.
Fiaccò dei difensori l'energia vivendo cinque lustri da padrone, finchè al comando della Signoria in città nominavano Ugiccione, questi da Buti li cacciava via seminando fra loro distruzione, e chi potè scampare dalla morte si rifugiò di Lucca entro le porte
L'anno seguente, per cattiva sorte, memori ancor de' loro sforzi vani i lucchesi lasciarono la corte guidati da Castruccio Castracani, benchè fosser milizie molto accorte gli ci vollero sforzi sovrumani per poter conquistare l'altopiano dove allora s'ergea San Cassiano.
Incendia tutto con progetto insano. di Castellarso nasce la parola, però avvertito del colpo di mano già ritorna Uguccion della Faggiola Castruccio con terror fugge lontano ma già su Lucca l'Ugiccion s'invola quivi ognuno di loro pace promette siamo al milletrecentotrentasette.
In pace generale allor si stette; ciascun depose l'odio e le fazioni e Carlo Sesto a Pisa ancora dette su di Buti le sue giurisdizioni, mentre nel borgo all'opra ognun si mette pensando solo alle coltivazioni di Pisa con inganno e tradimento si vendono le mura in quel momento.
Ed il Visconti di Milan, contento, centomila fiorni la pagava, per proseguire quindi nel suo intento coi fiorentini la mercanteggiava, l'offerta fu di tale rendimento che il capital versato raddoppiava e perciò senza vane reticenze Pisa dovè passar sotto Firenze.
Risvegliata da tali prepotenze del popolo pisano la fierezza s'insorse contro simili insolenze ma s'insorgea con troppa lentezza, in seguito di tali conseguenze il pisano pagò con amarezza, e un lustro dopo il millequattrocento l'Orsini ebbe su Buti il sopravvento.
Buti visse momenti di spavento sotto il comando del crudel guerriero che con la forza volle il giuramento di fedeltà, da questo popol fiero, visse di prepotenza e d'ardimento più rapace, direi, d'uno sparviero responsabile di delitti rei che descrivere, amici, non potrei.
Nel millequattrocentotrentasei l'orde giungevan qui dei Piccinino venuto da Milan sui colli alfei ad aggravare il già crudel destino, forse guidato da fallaci dèi parve, più che un guerriero, un assassino, ma dopo mezzo secolo di tare i fiorentin vedeasi ritornare.
Per potere il castello rafforzare vennero gli alleati veneziani ma i fiorentini seppero trionfare facendo prigionieri i terrazzani; strage dei difensori voller fare, ai bombardier mozzarono le mani e per Buti tornaron giorni belli quando lo liberò Paolo Vitelli.
Trucidò gli avversari più ribelli là presso il Sasso della Dolorosa e con loro scacciò gli istinti felli da questa nostra gente laboriosa, salvaguardò la pace nei castelli con la sua truppa forte, generosa così dopo tre secoli di guerra fù sovrana la pace in questa terra.
Se il pensiero d'ognuno qualcosa afferra di quello che ho narrato in questa storia dèi dir che da Cintoia fino al Serra Buti conobbe pianti, onori e gloria, e l'odio di fazion che tutto atterra qui non accese più niuna baldoria ed il popolo grato pien d'amore innalzò chiese in gloria del Signore.
Oltre alle già citate con onore, San Donato, San Giorgio,e San Francesco, Martino e Sebastian santi d'amore, San Niccolao a ricordar riesco, la Compagnia creata con fervore,
e la Pieve di stil quattrocentesco, ora in parte distrutte o in decadenza di cui neppure più notiam l'esistenza.
La più importante di cui siamo senza a Stefano Beato dedicata nell'ottocentoquaranta fè presenza in Cintoia, poi venne rincalzata, dopo un secolo e più di penitenza, di terre e vigne, quindi regalata nel millecento ai camaldolesi che la rifecer nuova in pochi mesi.
Appena beni tal si furon presi fecro un tempio con tre colonnati ricco d'ori, di marmi e sacri arnesi dopo miseramente abbandonati, quei ruderi venivano ripresi da color che l'avevano comprati e furono i Filippi quei signori che la riedificaron con onori.
Una cappella ossario né usci fuori ben degna della nostra ammirazione ed in difesa degli umani errori v'è del Duprè la Resurrezione, cessati dei Filippi quegli allori la tenuta conobbe altro padrone e se non erra la memoria mia vien detta "La villa di Badia".
Il Senato di Pisa, o Signoria, nel milleduecencinquantasette per fare un'opra che grandiosa sia di fondar l'ospedale decidette, i monaci di Buti, in cortesia, invitati a pagar le loro rètte, al Alessandro Quarto fer ricorso e gli dispensò il Papa dallo sborso.
Dopo trentacinquanni di percorso si richiese del clero il contributo, il monaster di Buti per soccorso un lor cavallo avrebbe mantenuto, nel milleseicento ormai trascorso tal monastero avrebbe posseduto di ettari di terre lavorate circa trecento e tutte regalate.
Fra le persone illustri quivi nate le cronache ricordano le gesta di Guido capitan ch'alle crociate sempre i duci vedevano alla testa, quando le Balear fur conquistate ebbe altro Guido grand'onore e festa e ricordano Boccio, Giunta e Nino col celebre pittore Masolino.
Un Uomo di cervello fino fu Francesco di Bartolo chiamato commentator dello scrittor divino frà Notar, Cancellieri e Anzian segnato, nella Credenza del Consiglio, infino fra Senator, Sapienti e in Giudicato, nella Suprema (fu) Magistratura e resse l'Ateneo con grande cura.
Dell'università dentro le mura fu Grammatico posto fra i più dotti e il triste giorno di sua sepoltura i suoi libri, gli scritti ed i suoi motti per eternare questa gran figura all'Accademia della Crusca addotti e la sua tomba fu nel tempio incisa nel primo chiostro a San Francesco in Pisa.
Una donna fierissima e decisa Paolo da Buti. tipo di spartana, quando d'Alfea la cinta fu recisa da San Francesco a porta Calcesana fu pronta a guerreggiar forte ed invisa armata con corazza e durlindana, i fiorentin ribelli sgominava e la loro bandiera calpestava.
I natali. fra gente tanto brava, pure a Del Rosso Federico dette che in dieci anni di studi commentava di Giustiniano, Codici e Pandette, ed al Cioni scrittor che cospirava per liberar l'Italia della sètte che valicando i nostri bei confini volevano trattarci da tapini.
Andrea vi nacque pur de' Bernardini valoroso e valente musicista
diletto allievo e amico di Rossini, poi trovi pure in questa bella lista il famoso pittore Marianini ch'ebbe squisto animo d'artista, ed anche fra la gente più alla buona vi farò qualche nome di persona.
Vati degni davver della corona furono Paolo e Pietro dei Frediani Moglie, il Cosci, Carlinb della Becona, Gigione ed altri scrisser versi sani perché l'acqua del fonte d'Elicona ebbero dalla musa a piene mani, gente sagace, arguta e senza boria, anime cristalline senza scoria.
Così termino questa breve storia che ricorda le gesta e l'ardimento del nostro grande Buti pien di gloria ch'ebbe uomini d'arme e di talento e se non mi ha tradito la memoria spero d'esser giunto nel mio intento perché sono di Buti e me ne vanto, così concludo e chiudo questo canto.
Enzo Pardini |