IL SORRISO DI MADIA

 

Quando la luna pallida e stanca, dalla veglia notturna lasciava uscire dalla tenua ombra, vestita di veli Arcobaleno l’aurora.

L'aurora sciorinava stupendi bagliori sulle alte vette dei monti e lungo i prati velluto che si espandono sino ai piedi dei monti sembravano crescere di tanta luce.

L'incanto veniva rotto dallo scalpitare degli zoccoli di un somarello e il guaire di un cane e dal canto dell'acqua del fiume che scorreva da una pietra lucente a l'altra, serena verso il padule.

Madia, percorreva di buon ora la strada ghiaiosa cinta da stupendi oleandri, che porta al paese vicino, non era solo,si portava dietro i suoi compagni, un somarello sardo e un piccolo cane di razza bastarda (tipo spinone, bianco e nero) al somarello avea attaccato un carretto che serviva al suo lavoro, sopra tra mucchi di stracci giaceva in silenzio sonnolento lungo il percorso, sua madre.

La madre, una donna minuta con occhi aguzzi e un viso segnato dai tratti della sofferenza, il quale si rendeva bello, quando serenamente sorrideva.

Ei non si separava mai tanto era affezionato, come di solito sostavano davanti al mucchio dell'immondizia, per cercare vecchie tranfusaglie, quello era il suo lavoro.

L'uomo alto e robusto ma un po’ tozzo nelle sue maniere (ma bello) si avvicinava al carretto e tra gli stracci, prendeva sulle braccia la madre ponendola poi a terra.

In silenzio sceglievano insieme i pezzi migliori con molta cura quasi sembrava un rito, quel saper scegliere e scartare. tutto si confondeva in quella misera arte, i cocci migliori venivano collocati sopra il carretto

Sulla strada  transitavano uomini, che andavano al lavoro in bicicletta e barrocciai che uscivano dalla conca d'argento, (Buti) la gente del contado, che non mancava mai di salutarlo.

Certo Madia, non sempre era disposto a rispondere però era come lo facesse, schioccava in una fragorosa fresca risata. Poi osservava verso le alte vette, quali al rialsalsi del sole, sembravano dorarsi tanto il raggio era rosato, lasciando intravedere le piccole insenature tra la abetaia;  si scorgeva bene i tortuosi sentieri che si collegano lungo le pendici e attraversano i vallici un lieto stormi di uccelli, si spandea nell'aria e d'intorno.

Da quell’aria chiara Madia intravedeva l’antica torre della chiesa che predominava la valle, saranno le dieci diceva osservando il cielo, difatti dal vecchio campanile scoccava l'ora esatta, si sedevano presso il muretto che cinta il rio per fare colazione, la madre teneva sulle ginocchia un fazzolettone a quadri legato in quattro per le becche, lentamente, apriva quel fagotto e piano piano tirava fuori una ciottola colma di fagioli rifatti con due salcicce, un tozzo di pane e mezzo litro di vino nero.

Non avevano altri recipienti, mangiavano assieme quel ben di Dio, ogni tanto porgevano un po’ di pane a papilon (il cane) che stava li a guaire, prendi o papilon; te lo meriti  questo pranzo da RE ma un ti lamentare più, perché mi fai avvelire.

Stavano li a gustarsi il pranzo sino a tardi poi, Madia, scendeva giù nel rio a lavarsi le mani; guai farlo prima, portava male, si lavava il viso le mani ei piedi , si tirava su quella specie di pantaloni a sacco sino al ginocchio poi si metteva ballare.

Diceva che li, dove é il mulino ci sta una fata molto bella che solo lui poteva vedere, ballava e cantava; cantava e ballava, poi tornava su ridendo a squarcia gola.

Maa… quando sì arriva a casa vado a bere un quartuccio, preparami qualche spicciolo (diceva rivolgendosi alla madre)

Che dici! o dove te lo prendo lo spicciolo.

O ma, non la far lunga dai - o mi omo, mi garbi poco guarda di non prendere una brutta  piega e?

lui si drizzava su ben fiero, poi diceva: Ma, guardami come sono, sua madre diceva tra l'ironico e il sorriso beh insomma ci posso stare.

Lui, felice la prendeva coprendola di baci, poi la caricava sopra il somarello;

pian piano si preparavano per il rientro, nel paese di donde erano venuti tutti e quattro, loro, ciuccio e papilon. Papilon era un nome un po strano per un cane...papilon non se la prendeva, scodinzolava contento a fianco di quel padrone diverso da tutti, sara  stato come sarà stato, almeno lui non gli dava le pedate.

Ciuccio li portò verso casa una breve sosta per la madre, e poi ripartenza; quella roba andava venduta ai mercanti all'ingrosso, si portava nell'altro paese distante di poco, guadava un ponticello ove un fiume leto e silenzioso, percorreva lungo il greto disperdendosi in lontananza.

Il mercante faceva sempre la solita scena, non voleva mai pagare; e giù le solite discussioni e moccoli, voleva dare sempre meno si metteva le mani nel panciotto, il sigaro da un lato del labbro masticandolo in continuazione; con quei baffi a cespuglio e soliti discorsi a ruffiano credeva di comperare Madia

Madia un vale niente niente, se ti dò qualcosa é perché hai fatto tutta questa strada diceva, andando su e giù rimescolando quella cianfrusaglia

Sotto quel sole cocente Madia non si spazientiva, faceva orecchi da mercante; poi accarezzava il suo ciuccio, pensando fra se: crede di saperla lunga lui li; faceva. un fischio a papilon diamo…o papilon  oggi un tira aria per noi,  quello è brodo lungo.

Il mercante teneva duro ma, quando vedeva che si allontanava davvero gli correva dietro con buone maniere.

Un mi chiamà con aria signorile ruffiano; tu mi devi chiama Madia capisci? o chi credi di essere tu un signore? pidocchio ribollito, sono io che ti porto la merce un signore diceva battendosi nel petto, il mercante faceva. atteggiamento da vittima, ovvia ragioniamo e intanto toccava la marce

Un la toccà eh… me la insudici, un é roba per te; diceva Madia tenendo il punto, se no ti do una broccata nella testa, poi guardava papilon strizzando un occhio.

Fra il tira e mena concludevano il l’affare, l’hai sempre vinta tu diceva il mercante. O che ti porto roba di scarto, guarda quà c'è tutto l’oro del mondo; prendeva quei cocci di rame pieni di sudicio tra le mani con delicata cura e orgoglio, sai a me non interessa essere ricco, ma vivere in pace, io...io c’iò la mia fata tu non capisci niente.

Scaricava tutto alla svelta e poi via verso casa, papilon era contento saliva sul carretto abbaiando festosamente, Madia si girava dicendo: ora si va dalla mia vecchia. un piatto caldo e rimediato anche per oggi.

Là sera delle ore lunghe d' estate le passava con gli amici fuori della bettola, non le piaceva entrare nel bar ; perché sapeva che poi buttava giú di troppo, sapeva che qualcuno offriva da bere per poi vederlo barcollare e riderci su.

Madia aspettava il suo quartuccio.

Fuori ad un tavolo, certe volte il barrista tardava, e questo lo faceva spazziantire un bel po' o Beppe! ti sei scordato dì me, bada che i soldi ce li ho, un mi avanzi niente, Beppe correva svelto e premuroso; scusa  Madia ...vedi c'é gente o io chi sono un cane! Ho, no…é solo che non ho nessuno ad aiutarmi diceva andandosene via un pò corrucciato, Madia si guardava intorno con aria severa, pareva voler scrutare quei volti rugosi e incalliti di malvagità; che bisbigliavano piano piano.

Li studiava bene, sino farli arrossire;

certo aveva uno sguardo che lasciava perplesso tanto aveva del significativo, poi scoppiava in una fragorosa risata, che si estendeva sino in cima al paese.

Quardò la luna che splendeva nel cielo; con sicurezza s’incamminava verso casa (verso casa quale? una spelonca abbandonata tra i casolari per lui era una casa anzi una reggia e'era il camino l’acquaio qualche mobile sconquassato, due giacigli fatti di foglie quali, ad ogni movimento scricchiolavano)

I vicini avevano cercato di dissuaderli a stare li, non é igenico avevano detto tante volte.

Di solito si sdraiava fuori nell'orto a rimirar la luna e le stelle, ascoltava il frignire di cicale e di grilli, che dai campi vicini odorosi di grano facevano provenire il canto.

E’ mio si diceva fra se, questo regno; io sono un re un re senza castello ma libero,

intonava un ritornello dolce e nostalgico. fatto di parole sue dicendo é per te Fata

Chissà forse sognava davvero di avere una, donna, una donna invisibile, ma viva nel suo cuore.

Anche nei mesi freddi lo si vedeva risalire la china avvolto dalla nebbia; erano sempre loro quattro.

Il lampione situato a metà strada lo faceva intravedere oltre a lumino a petrolio che teneva sotto il carretto; tornavano sempre al solito posto tutti infreddoliti lui restava in piedi accanto a ciuccio, ogni tanto imprecava; accidenti! come é freddo, questa nebbia un mi fa respirare; si avvicinava al carretto lentamente alzava alcuni stracci dicendo con voce tenera 0 Ma, non ti muovere stai costi fino a che non te lo dico io, fuori è si crepa: porca l'oca nera... stai costi con papilon almeno ti fa caldo.

Cominciava a fischiettare andando su e giù, battendo i piedi. mi sembra di essere una sentinella diceva ad alta voce: avanti, dietro, dietro, front dietro front.

Era proprio una mattinataccia, ma egli non si disperava; pareva vivere momenti di estasi stupenda, intonava ancora quel suo ritornello per la sua fata, quella che lo seguiva ovunque, a quel suo canto la nebbia si alzava gocciolosa verso l’infinito lasciando l’aria correre un pò ventosa. Ma, la mia fata ha portato via la nebbia per me, per me.

Madia a sua volta preparava degli appicci di fuoco vicino al mucchio dei rifiuti e si scaldava. Poi prendeva sua madre e la poneva li vicino al fuoco insieme a papillon, non ti muovere le diceva amoroso ci penso io, ti porto tutto quì davanti tu scegli ed io butto sopra.

Come Sempre facevano il pieno di quei grovigli. Quando l’alba era alta nel cielo ed il sole, a spicchi scioglieva la brina e la terra effondea un fragrante profumo, si preparavano per il pranzo; nessuno turbava la loro quiete la loro serenità, certo un bicchieretto di più lo bevevano di pro con quel freddo; lo scaldava al fuoco in una ciottola un po logora, prima lo porgeva con grazia a quella povera donna di sua madre dicendo: Regina, bevi ti rimette al mondo; senti come é buono e giulebbe, poi prorompeva in una risata chiara e fanciullesca, affacciandosi sulla sponda del fiume, non scendeva...lo contemplava e parea il fiume lo chiamasse nel suo gorgoglio allora Madia raccoglieva qualche ghiaiuccolo e lo gettava giù nel gorgo creando degli anelli argentati.

Quando rientravano era già meriggio, l’aria tiepida dell' inverno volgeva silente al vespro; sì collocavano intorno al camino e lui Madia buttava su due tronconi e dava fuoco, i tronconi scoppittavano mentre mille faville, mille fate diceva lui; volavano via verso la gola della cappa del camino.

Tra i carboni ardenti metteva le castagne a cuocere, preparava un piatto d'olive, pane unto con olio come si deve ed un bel fiasco di vino, da ultimo un boccale di cicoria bollita, così tiravano avanti quella vita fatta di tribolazioni... cui loro pareano non accorgesi.

Avvenne che un giorno sua madre non lo seguì più l'aveva lasciato per un nuovo mondo.

Perché, perché gridava disperato… non dovevi non dovevi, questo era il tuo regno il nostro regno mamma.

Passò tanti giorni in solitudine, una solitudine tremenda; sentiva dentro di se che una parte della sua vita era finita e questo lo aveva portato a una grande prostrazione.

Una domenica sentì bussare all'uscio; turbato da ciò andò ad aprire con aria accigliata, davanti a lui c'era il fratello.

Madia vieni via, vieni a vivere con me con i miei; vedrai non ti mancherà nulla ... questa non è più vita per te ma e vita da bestie, era sincero amava molto quel fratello così diverso e selvaggio.

No, rispose alzandosi di scatto; io sto bene cosi non ci badare a me, aprì quell'uscio traballante senza dire niente, il fratello capi che doveva andarsene ma fatti pochi passi si girò dicendo: pensaci la mia casa è anche la tua. Un voglio bestemmià perché e domenica e non mi piace, ma tu non provocare vai, ma vai non farmelo dire più, questo é il mio regno diceva fiero.

Gli anni passarono in fretta volando via come le stelle allo spuntar del nuovo giorno; in quei novi, Madia svolgeva un nuovo lavoro visto che ciuccio era morto e gli era rimasto papilon, si mise a vendere pelli di coniglio che ritirava dai macelli; il lavoro era più redditizio e lui e papilon iniziarono a passarsela bene, aveva pensato anche a valer prendere moglie ma poi ci aveva ripensato; la sua libertà valeva di più di una gonna per la casa, qualcosa ora cambiato in lui, si era fatto dei nuovi amici e si era, allontanato da quelli del bar, preferiva stare coi boscaioli in quell’aureola genuina e odorosa di vita; cosi il più tempo libero lo passava li a Papolle, a  veder tagliare la legna. Anche quella era gente un po’ rozza; fatta a modo loro, ma si dimostravano comprensivi e sinceri: non lavori più, perché? Lui faceva una alzata di spalla dicendo: sono stanco si zittava un pò; e dopo qualche minuto sguarciava 1’aria con la sua risata che correva echeggiando col vento tra ì pini.

Da diversi giorni era mancato al solito appuntamento; i suoi amici boscaioli cominciarono a sentire la sua mancanza.

Come mai non si é più visto Madia; mà, avrà preso altri orizzonti, eh già lui non si vuol sentire legato, é uccello libero lui, qualcun altro ancora borbottava: disse si sentiva stanco, ma se ci penso nemmeno il cane si fa più vedere; di solito una corsetta la faceva per prendere un pugno di pane, 0 che ti devo dì, rispondeva 1’altro 1’avrà legato.

Quando il cielo prese i colori rosati del tramonto e il vento sciorinava leggero fra i rami con ritmo alterno guasi sonasse un organo; i boscaioli scesero nel contado non essendo convinti di ciò, cominciarono a domandare intorno ai casolari. Comare avete visto Madia?

No, da diversi giorni non si vede nessuno

Come?...neanche Papilon s’è visto

Macché neanche lui

Si guardarono stupiti sussurrando; qui puzza di bruciato; andiamo un pò al suo casotto, presero il piccolo sentiero fra duplici ginepri e fatti pochi passi scorsero il casolare

Il casolare aveva un aspetto misero, ma i fiori che Madia avea messo intorno e l'edere che pendolavano dal tetto lo rendevano grazioso. Chiamarono tante volte, nessuna risposta usciva. da quella porta malmessa, si guardarono perplessi avvicinandosi a quel rovo; chiamarono ancora;  Madia ci sei;  rispondi per favore, udirono un lamento di un non so che

Con due spallate buttarono giù la porta, li tra quel sudiciume emanava un fetore insopportabile guardarono meglio fra quei cenci lisi e nauseanti

Madia era li aggomitolato senza un respiro, aveva sul volto un sorriso radioso

L'incanto era finito; la sua fata era venuta a prenderlo per portarlo in un mondo dove non c'e ricchezze né miseria, né egoismo né crudeltà ma dove si può ridere anche fra gli angeli

Papilon non stava ritto dalla debolezza e continuava a lamentarsi, zitto ora ti portiamo con noi. stai buono.

Tanti si commossero davanti a quell’uomo pieno di vita e un po strano, ma onesto che niente aveva mai chiesto lavorando i suoi cocci di rame.

Ora disse un boscaiolo, non si sentirà più la sua risata  No, rispose un altro: la sua risata ritornerà perenne col vento del primo mattino

Un signore che si riteneva colto disse: é morto un pazzo; uno meno.

Ma chi é il pazzo, colui che vive in avidità e orgoglio e non capisce l’uomo nel suo intimo puro, o quella fresca risata. 

 

                                                                     ARGIA BONACCORSI